E' da molto che se ne parlava tra noi, dopo che l'Alfio ce ne aveva fatto cenno ed il Vani se n'era invaghito!
Dovevamo trovare e vedere quel cerchio che solo dopo ricerche su Google avevamo localizzato con esattezza ( ma poi abbiamo scoperto che i "villici" di col petrazzo ben lo conoscevano e che addirittura ci si arrivava in macchina!).
C'avevamo provato in Maggio, durante un'escursione nel luoghi natii alfiadi: mia, di Alfio e delle ns Padrone. Alfio aveva preparato una bella "tagliola" per loro!: un invito ad una passeggiata leggera nei boschi, lungo un percorso già fatto, in parte, altre volte. E cammina cammina, lungo una bella salita a tornanti e poi una decisamente "fuori standard " nel bosco, sotto una piogerellina uggiosa, scansando degli impavidi crossisti lanciati a folle velocità in verso contrario al ns, tra tentativi di ammutinamento delle ns, ormai accortesi dell'inganno, siamo quasi arrivati alla meta; mancavano solo una decina di minuti di salita. Ma tant'è dovemmo desistere per l'accosciarsi a terra esauste delle ns compagne ( che tuttavia tra salita e discesa si son fatte più di 10km, con scarpine quasi da passeggio!)
C'abbiamo riprovato il 22, decisi a riuscire nell'impresa, ma coniugando un ameno fine settimana, allietato da ottimo mangiare del sabato per qualità e specifcità.
Ed è andata bene: una goduria di "passeggiata al galoppo" ( il ns sembrava rivivesse il suo ufficialato folgoriano quando , 50 anni e 40 kg fa, conduceva nei boschi tosco-emiliani i suoi giovani parà) : poco meno di tre ore nette per percorrere i 15km di salita e discesa. E pensare che, a parte l'Alfio, gli altri tre contano gli anni col 7 davanti, da abbondante a quasi! Forse il buon cacio di Castelluccio, le salciccette di puro cinghiale e il prosciutto locali, oltre che il sangiovese del giorno prima, hanno fornito lo sprint necessario.
Potrebbero essere le tracce di una misteriosa Stonehenge italiana le grandi pietre dell’enorme circolo sul Monte CERCHIO che raggiunge circa una altitudine di circa 930 metri al centro del massiccio della Bandita nel cuore dell’Umbria sui Monti Martani. Il sito archeologico, avvolto dal silenzio dei boschi appenninici, è noto da molto tempo, ma si può dire da sempre per chi vive nel comune di Massa Martana o nelle vicinanze : non a caso il monte sulla cui sommità è presente questo enorme circolo di pietre si chiama da sempre IL CERCHIO.
Recentemente (vedi articolo sul giornale IL MESSAGGERO del 19 luglio 2012) è stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica dai signori Tommaso Dore e Francesco Voce dell’associazione Italus che , grazie al supporto di Google Earth, osservando su internet le immagini satellitari restituite dal programma, si sono accorti di una anomalia sul terreno
.Insospettiti da una radura contornata di alberi disposti in una forma perfettamente circolare, si sono recati sul posto per capirne di più.
Davanti a loro una suggestiva evidenza archeologica: un posto magico e isolato, su cui campeggia un grande circolo di massi in calcare giustapposti a secco, che la natura sembra aver voluto celare gelosamente con un manto di muschi e licheni cresciuti sui tre metri di spessore dell’opera muraria e una barriera di querce e arbusti intorno al perimetro, il cui diametro misura ben 200 metri. In molti punti le radici degli alberi hanno danneggiato l’originaria struttura, provocando crolli e rendendo inaccessibile l’area, il che non ha tuttavia impedito di ricostruirne la pianta e di individuare le caratteristiche principali . L’ingresso del sito doveva essere rivolto a sud, dove l’anello di pietre si apre sdoppiandosi e lasciando libero un varco di circa un metro. Esattamente al centro del cerchio realizzato su un’area scoscesa e dal profilo irregolare, una depressione quadrangolare nel terreno allude forse alla presenza di una struttura perduta in una posizione preminente.
Per ora sono possibili solo ipotesi per quel che riguarda la funzione e la datazione dell’opera. Il territorio dei monti Martani fu frequentato già in epoca preistorica come parte di un grande percorso di spostamenti lungo la penisola, fino alla nascita dei primi insediamenti protostorici (II millennio a.C.) all’inizio utilizzati solo stagionalmente in funzione della transumanza del bestiame. Dal IX secolo a.C. in poi e per tutta l’età preromana gli antichi umbri stabilirono i loro villaggi fortificati con cinte murarie a secco lungo tutta la catena montuosa, su alture facilmente difendibili e adattandosi all’orografia naturale.
Pertanto le ipotesi sono due: o sono le vestigia di un insediamento a scopo abitativo o quel che resta di un luogo di culto o di osservazione astronomica situato in una posizione aperta sull’orizzonte e costruita secondo precise prescrizioni rituali, delimitando accuratamente l’area sacra.
Arfio, 23 Settembre 2013